Ceramica – di Giuseppe Canali

Cosa c’è di più bello per l’uomo progettare un qualche cosa e essere in grado di realizzarla con le proprie mani?

Nulla, credo che non ci sia nulla che lo appaghi completamente più della creazione di un oggetto con l’argilla.

Se poi l’argilla usata proviene da un antica cava usata dai Falisci prima dell’avvento di Roma, credo che si possa raggiungere il massimo della soddisfazione psico fisica.

Appassionatomi all’uso dell’argilla, formando due sculture di 160 cm di altezza, in seguito alla creazione, come socio fondatore, di un museo nel bosco di Calcata (VT), praticamente non ho più smesso di progettare e costruire oggetti e sculture con l’argilla.

Oggigiorno l’argilla si compra già depurata e praticamente pronta per essere plasmata. Però un desiderio mi era subito venuto già dalle prime volte che mi ero sporcato, dalla testa ai piedi, con l’argilla grezza e non raffinata, piena di sabbia e calcinelli (sassolini di varie misure) quando avevo costruito insieme a mia moglie le statue nel bosco. Il desiderio era quello di trovare l’argilla degli antichi Falisci.

Un bel giorno di qualche anno fa mi presentai alla sede del Parco Valle del Treia per parlare con il Direttore geologo di professione. Chiesi dove avrei potuto trovare la cava d’argilla dei Falisci. Il Geologo, senza scomporsi mi rispose: a centotrenta metri sul livello del mare. Grazie risposi, ma per me non era chiara assolutamente la sua risposta perché non mi permetteva di individuarne il sito esatto.

Allora ho fatto un mio ragionamento che consisteva nell’analizzare una serie di fattori che mi avrebbero portato all’individuazione precisa della vecchia cava d’argilla dei Falisci. Ho cominciato a chiedere in giro ai paesani più anziani per prima cosa se da ragazzini erano abituati a giocare con l’argilla. Dopo varie interviste mi trovai a parlare con il vecchio sindaco. Lui mi spiegò che quando era ragazzino usavano fare “ gli schioppi”. Questo innocente gioco consisteva nel fare delle semisfere di argilla e battendole vigorosamente sul sagrato della chiesa del borgo procuravano un forte esplosione sonora.

Questo era il gioco degli scoppi. A quel punto mi è venuto spontaneo domandare dove prendessero l’argilla e lui tranquillamente mi rispose: alla fonte vecchia. Altro indizio da interpretare perché la fonte vecchia non esiste più in quanto è stata sepolta sotto dieci metri di terra di riporto quando hanno costruito la piazza prima dell’ingresso al vecchio borgo. Perciò, riassumendo gli indizi erano: 130 metri sul livello del mare e la fonte vecchia.Il fiume Treia sotto la rupe di Calcata scorre molto lentamente e quasi con la superficie immobile. Ne ho dedotto che il suo letto fosse quasi orizzontale.

Una mattina di inverno in cui i boschi erano spogli di foglie ho cominciato a risalire il fiume cercando qualche indizio visivo. Piccoli rigagnoli e pozze dove i cinghiali selvatici si fanno il bagno mi davano informazioni sul tipo di terreno. Sicuramente argilloso in quanto l’acqua ristagnava senza essere assorbita dal terreno stesso. L’argilla c’era, ma era piena di sporcizie perché rimuginata spesso dai cinghiali. Troppo sporca.

E’ vero che ero alla ricerca di una cava naturale però c’è un limite a tutto. Forse un giorno potrò provare anche l’argilla detta da me dei cinghiali e chissà cosa ne potrebbe venire fuori con tutte le setole che ci saranno sicuramente mischiate! La ricerca comunque procedeva molto lentamente senza dare risultati soddisfacenti. Decisi di consultare un bravissimo ceramista di Civitacastellana, un certo Mastro Cencio.

Lui senza discutere tanto mi portò nei dintorni di Civita per farmi conoscere i vari terreni e mi spiegò cosa dovevo cercare. Carico di quella esperienza tornai alla ricerca dell’eldorado dei Falisci. Mi ero incaponito. Un bel giorno mentre ero in giro per i boschi ho incontrato “Il sordomuto” con la sua inseparabile fascina per il fuoco. Avendo lui un terreno vicino al fiume, tutti i giorni al ritorno a casa si portava sulle spalle un fascio di rami secchi per l’inverno.

Peggio delle formiche. Saggezza contadina. Praticamente lui si riforniva di legna per l’inverno sfruttando la forzata passeggiata dal fiume a casa senza andare a vuoto. Comunque interrogato da me su dove si potessero trovare le cave di argilla, mi rispose: so..to u po.te. Non mi ci volle molto ad interpretare il messaggio in quanto qualche anno prima avevo avuto come alunno un ragazzo sordo muto e tranne la difficoltà iniziale nel comprenderlo, in breve tempo riuscivo a capirlo perfettamente. Il sordo muto di Calcata mi aveva dato la dritta giusta: sotto al ponte.

Di ponti sul Treia ce ne è uno solo, ma di corsi d’acqua ce ne sono due . Esiste il letto del Treia e il suo piccolo affluente di sinistra, del quale non conosco il nome. Con due ponti da analizzare, anche se con grandissime difficoltà riuscii a trovare due cave di argilla grigia. Inoltre c’era da calcolare che vicino ai ponti esiste un sito archeologico ed un tempio dedicato alla dea madre dove sono state ritrovate un’infinità di statuette votive in terracotta. Anticamente non credo che esistesse il commercio di argilla purificata perciò la cava si doveva per forza trovare nelle vicinanze del tempio. Infatti le cavette d’argilla sotto al ponte distano dal sito archeologico poche centinaia di metri.Infervorato dalla mia scoperta, dopo aver prelevato uno zainetto di argilla bagnata, per cui pesantissima, l’ho depositata nella mia cantina laboratorio in attesa di lavorarla. Lavorare l’argilla per la raffinatura per un ignorante come me presentava numerosi problemi.

Per prima cosa l’ho sciolta completamente in acqua per due settimane. Poi, dopo aver acquistato da un ferramenta di Civita Castellana, una rete adatta alla filtratura dell’argilla liquida, c’era il problema di farla asciugare al punto giusto mantenendola comunque plastica. Un sistema molto usato dai ceramisti è quello di versare l’argilla liquida su lastra di gesso. Il gesso assorbe l’acqua in eccesso e se non la si fa seccare troppo ci ritroviamo finalmente con l’argilla depurata. Con molta pazienza, dovuta alla voglia di eseguire un processo antico, ho ricavato dei pani d’argilla che ho conservato chiusi in teli di plastica per non farli seccare.

Sapevo che prima di usarla andava lavorata a mano ed allora forte di ciò che avevo visto fare a Vetralla da un vecchio cocciaro, ho iniziato a manipolarla e a batterla per toglier e l’aria inglobata nel pane d’argilla che stavo lavorando. Finalmente arrivò il giorno della verità.

Modellai delle piccole statuette, tipo votive, e poi le portai a cuocere una volta asciutte. Con mia grande sorpresa mi accorsi che il colore dell’argilla cotta somigliava molto a quella delle statuine degli ex voti Falisci.Qualche tempo dopo andai in visita al museo Etrusco di Roma portandomi in tasca una mia statuina. Nella sala dedicata all’antica cultura Falisca ci sono tantissimi reperti in terracotta. Il colore era esattamente lo stesso della mia statuina di prova che avevo in tasca. Avevo raggiunto il mio scopo. Avevo trovato l’antica cava d’argilla che usavano i vasai Falisci. Evviva. Naturalmente, per mio divertimento ho subito costruito dei moderni ex voto in terracotta. Il colore dell’argilla è proprio quello delle terrecotte Falische.

I soggetti proprio no.

Obiettivo raggiunto.